I Rinascimenti italiani: Gandolfino da Roreto (o d’Asti) – Corti baronali (industrie di trasformazione: Mulini, concerie) e Liberi comuni (usura, pirateria, commerci) riportano la rappresentazione artistica all’interno di una realistica narrazione (ben contestualizzata, con la prospettiva e con lo sfumato)

Dal Dizionario biografico Treccani:

Figlio del pittore Giovanni, appartenne a una famiglia con tutta probabilità stabilmente radicata ad Asti dall’inizio del Quattrocento, nonostante il toponimo Roreto faccia riferimento a un borgo vicino a Bra. Il nonno, omonimo dell’artista, risulta documentato ad Asti già nel 1407 (Baiocco, p. 247).

L’unica opera di Giovanni di cui si ha notizia indiretta si trovava in una chiesa astigiana: il 13 giugno 1462 il generale dell’Ordine dei crociferi approvava, infatti, una vendita fatta dal priore del convento astigiano di S. Marco al fine di ultimare un pagamento di 32 ducati d’oro per un polittico eseguito dal pittore (Schede Vesme, p. 1328). Lo stesso artista compariva poi nel 1470 accanto alla madre, Verdina Pelletta, quando questa vendeva alla certosa di Asti una parte della casa da lei posseduta nell’attuale piazza S. Secondo (L. Vergano, Un nuovo documento sul pittore Amedeo Albini, in Rivista di storia, arte e archeologia per la provincia di Alessandria, LXIII [1954], pp. 73 s.). L’appartenenza della nonna di G. alla nobile famiglia astigiana dei Pelletta fu sicuramente importante: a molti anni di distanza padre e figlio sono infatti detti “de Roreto alias de Verdina” (Ragusi, p. 178; Baiocco, pp. 246, 317).

Non è nota la data di nascita di G.: la prima data certa nella sua produzione è quella del 1493 segnata, insieme con la sua firma, sul polittico con l’Assunzione della Vergine (Torino, Galleria Sabauda), proveniente dalla chiesa di S. Francesco ad Alba. Si tratta dell’opera che ha ricevuto la più precoce attenzione da parte della critica (Della Valle; Lanzi) e che ha permesso di individuare le radici culturali dell’artista nell’ambito della produzione ligure e provenzale, vicina a Ludovico Brea. Accanto a questo polittico, forse in data di poco anteriore, va collocata la tavola con la Madonna Annunciata (sul retro Simboli della Passione) oggi nel convento della Ss. Annunziata di Portoria a Genova.

Intorno alla fine dell’ultimo decennio del Quattrocento, G. sembra avvicinarsi alla cultura rinascimentale lombarda: nella tavola con la Presentazione al tempio (Roma, coll. Pallavicini: Zeri, n. 201) e nella Madonna in trono con il Bambino e santi, situata nel coro della chiesa di S. Maria Nuova ad Asti (databile intorno al 1498: Baiocco, pp. 253-255), lo spazio prospettico appare unificato e particolare attenzione è data ai motivi decorativi, specialmente nelle architetture. A questo stesso lasso di tempo appartengono la Madonna col Bambino, datata 1499, già nella collezione Wharton (ora di ubicazione ignota: Vertova, fig. 97) e la tavola di soggetto analogo, datata 1500, posta nella chiesa del monastero di S. Maria della Visitazione a Milano.

Al 1501 risale una delle opere più importanti dell’artista, il grande polittico con la Genealogia della Vergine e santi realizzato per l’altare della famiglia Pelletta nel duomo di Asti dove ancora è situato, pur ricomposto all’interno di un altare ligneo barocco. L’iconografia della genealogia della Vergine sembra essere uno dei caratteri più tipici della produzione dell’artista come si può vedere nella splendida tavola del Museo civico d’arte antica di Torino, oppure in opere successive quali il polittico della chiesa di S. Antonio a Casale Monferrato (proveniente dal distrutto convento francescano di S. Maria degli Angeli), o il polittico conservato nella parrocchiale dell’Assunta a Grignasco, databili con buona probabilità intorno al secondo decennio del Cinquecento.

Nel 1507 risulta un pagamento all’artista di 6 ducati da parte del capitolo della cattedrale di Asti “pro pictura capelle sancte Elene” (Asti, Archivio della cattedrale, Libri di conti della sacrestia, 212, f. 33) della quale, tuttavia, non è rimasta traccia.

Verso la fine del primo decennio del Cinquecento è possibile individuare un progressivo aggiornamento del pittore sui dati della nuova cultura pittorica cremonese incentrata, in particolare, intorno alla figura di Boccaccio Boccaccino: ne sono un esempio la tavola con la Madonna in gloria del Museo civico di Torino, vicina alla tavola di Grignasco, e quella con la Madonna adorata da devoti (Baiocco, p. 304). Il legame con l’ambiente cremonese è verificabile anche grazie a una lettera indirizzata a G. nel 1510 dal fratello Placido, monaco presso il convento di S. Pietro a Savigliano, il quale, per conto della Confraternita di S. Maria del Sepolcro, lo sollecitava a consegnare nel tempo stabilito un’opera (Turletti, pp. 834 s.). A tale richiesta G. rispondeva che motivo del ritardo era il mancato arrivo in Asti di alcuni maestri d’intaglio cremonesi collaboratori della bottega di Paolo Sacca; come ricordato da Tanzi (p. 23), si tratta della stessa bottega che aveva realizzato tra il 1494 e il 1496 il coro intarsiato nella certosa di Asti. La stessa fonte permette comunque di confermare che in più occasioni G. aveva lavorato per chiese di Savigliano, almeno a partire dal grande polittico con Madonna col Bambino, Annunciazione, Pietà e santi conservato, insieme con la cornice dalla sontuosa struttura architettonica, nella chiesa di S. Pietro a Savigliano. Quest’opera, eseguita con ogni probabilità nei primi anni del Cinquecento, non ha tuttavia alcuna relazione con il carteggio citato (Baiocco, pp. 310 s.).

Pur con una cronologia che stenta a trovare punti di riferimento sicuri, alcuni importanti polittici di G. dimostrano come il contatto con la contemporanea produzione cremonese costituisca il dato essenziale per comprenderne la crescita pittorica. Si tratta del polittico con la Madonna col Bambino nella parrocchiale di S. Dalmazzo a Quargnento e di quello con l’Incoronazione della Vergine della Pinacoteca di Alessandria, in origine collocato nella chiesa di S. Francesco a Bassignana (Romano, 1986, n. 4).

A questa stagione matura appartengono altre opere realizzate da G. per importanti committenti astigiani, a testimonianza di una fama ormai consolidata e di un ruolo di primo piano assunto nella sua città di origine. Un esempio è costituito dal polittico con al centro l’Adorazione dei magi e ai lati due committenti, identificati come membri della famiglia Cacherano che aveva in quegli anni contatti diretti con la corte del Monferrato (Ragusi). Di notevole qualità appare, poi, la pala con la Madonna in trono e santi posta sul secondo altare della navata sinistra nel duomo di Asti. Di quest’opera si conoscono la data, 1516, e il committente ritratto, Oberto Solaro, personaggio che aveva svolto importanti funzioni amministrative presso la corte di Luigi XII di Francia (Baiocco, pp. 313-316).

Nel periodo compreso tra marzo e maggio del 1518 risulta una serie di pagamenti all’artista da parte della Confraternita di S. Maria del Sepolcro di Savigliano per l’esecuzione di uno stendardo processionale. Le note minuziose della Confraternita elencano le spese per gli emissari inviati ad Asti a trattare con G. nonché l’utilizzo da parte di questo di ben 300 fogli d’oro (Baiocco, pp. 316 s.).

All’ultimo periodo di attività del pittore risale la realizzazione del grande polittico con la Madonna col Bambino, la Crocifissione, i Ss. Giovanni BattistaGiulioOrsolacon una donatrice e Eulalia (Torino, Museo civico d’arte antica) posto in origine nel duomo di Asti. In quest’opera la critica (Romano, 1987) riconosce accanto alla mano di G. quella di Pietro Grammorseo, un maestro fiammingo noto per la sua attività a Casale Monferrato e in relazione – a partire dall’inizio del terzo decennio del Cinquecento (il primo documento noto risale al 1521: Schede Vesme, p. 1602) – con la bottega degli Spanzotti. La datazione del polittico deve collocarsi, probabilmente, poco dopo il 1521, anno della donazione da parte di una devota alla cattedrale per la costruzione di una cappella dedicata ai Ss. Giulio e Orsola alla quale era con ogni probabilità destinato il dipinto (G. e il Rinascimento).

Uno degli ultimi documenti riguardanti il pittore è l’atto, datato 6 luglio 1517, tramite il quale, insieme con il figlio Cristoforo di età minore ai venticinque anni, chiude la società instaurata in precedenza con il mercante di stoffe, attivo ad Asti, Filippo Rusconi (Baiocco, pp. 316 s.).

Non si conosce la data di morte di G., che va forse collocata entro il terzo decennio del XVI secolo.

Fonti e Bibl.: G. Della Valle, Prefazione, in G. Vasari, Le vite…, X, Siena 1793, p. 6; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia… (1808), a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, p. 237; C. Turletti, Storia di Savigliano, II, Savigliano 1883, pp. 833-838; L. Masini, Il pittore G., in Atti della Società piemontese di archeologia e belle arti, X (1926), 2, pp. 197-215; A.M. Brizio, G. d’Asti, in L’Erma, marzo 1935, pp. 809-819; F. Zeri, La Galleria Pallavicini in Roma. Catalogo dei dipinti, Firenze 1959, pp. 120 s., n. 201; G. Romano, Casalesi del Cinquecento. L’avvento del manierismo in una città padana, Torino 1970, pp. 21 s., 35-37; Id., Una pala del Cinquecento per Asti, in Archivi e cultura in Asti, Asti 1971, pp. 53-61; Schede Vesme, IV, Torino 1982, pp. 1309-1311, 1719 s.; M. Natale, Una genealogia della Vergine di G., in Arte all’incanto, Milano 1984, pp. 8-11; M. Tanzi, Francesco Casella e le congiunture tra Cremona e Piemonte all’inizio del Cinquecento, in Itinerari, III (1984), pp. 21, 23, 26; L. Vertova, On G. (and Edith Wharton and Bernard Berenson), in The Burlington Magazine, CXXVII (1985), p. 803; G. Romano, Prefazione, in E. Rossetti Brezzi, Percorsi figurativi in terra cuneese, Alessandria 1985, p. IX; Id., in Il Museo e la Pinacoteca di Alessandria, a cura di G. Romano – C.E. Spantigati, Alessandria 1986, pp. 104 s.; Id., Un “Battesimo di Cristo” di Pietro Grammorseo, in Bollettino d’arte, 1987, n. 43, p. 115; R. Passoni, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1987, I, pp. 45 s., 51 s.; II, pp. 631 s.; Id., in Piemontesi e Lombardi tra Quattrocento e Cinquecento (catal.), a cura di G. Romano, Torino 1989, pp. 49-71; M. Ragusi, Documenti astigiani per G., in Boll. storico bibliografico subalpino, LXXXVIII (1990), pp. 177-192; Il tesoro della città. Opere d’arte e oggetti preziosi da palazzo Madama (catal.), a cura di S. Pettenati – G. Romano, Torino 1996, pp. 23-26; S. Baiocco, Tra Liguria e Lombardia: l’orizzonte di G., in Primitivi piemontesi nei musei di Torino, a cura di G. Romano, Torino 1996, pp. 246-322; U. Thieme – F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, pp. 155 s. (s.v. Gandolfino d’Asti); G. e il Rinascimento nel Piemonte meridionale, a cura di G. Romano, Torino 1998.

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