Garufi, Rocambole – Una canzone per donna Aldonza, tragedia

Entra un personaggio in nero con le sembianze del guitto.

PERSONAGGIO IN NERO (ride).

ANTONIO PIERO: Che vuoi?… Quelli che dovevano morire ormai sono tutti morti.

PERSONAGGIO IN NERO: Non t’illudere, pagliaccio! Nelle tombe non ci sono loro, Ci sono i corpi, null’altro… che non ballano più, è vero… Ma mi riferisco ai corpi… Tutto il resto te lo tieni! Non crederai che un uomo sia solo quel po’ di carne che si disfa sotto i morsi del tempo e dei vermi?

ANTONIO PIERO: E che t’importa cosa credo?… Povero idiota!… Rifilami le tue sciocchezze, se ti piace. Tanto, adesso tempo a disposizione non me ne manca… Mi basta di averlo sbudellato, quel verme!

PERSONAGGIO IN NERO (ridendo): Certo, certo!

ANTONIO PIERO: Ti sembra tanto divertente?… Puoi scommetterci che quel figlio di buona donna s’è pentito dell’offesa fattami… Ho aspettato per questo, prima di farlo crepare.

PERSONAGGIO IN NERO: Finché ci sarà il tuo rimorso, quello lì te lo ricordi… e resta vivo.

ANTONIO PIERO: Io piango soltanto per mia moglie. Bellopede c’entra poco nelle mie faccende. Era un servo, qualcosa di intercambiabile… al più, una graziosa e cinguettante comparsa, tanto per giustificare la mia gelosia… Quelli come lui sono già morti prima di nascere.

PERSONAGGIO IN NERO: Con tua moglie non mi è sembrato morto… Rassegnati! Tu non le sapevi mica scrivere, le poesie… e ballavi come un cinghiale!… (con un’espressione addirittura ilare) Lo sai che ci scriveranno sopra?

ANTONIO PIERO: Purtroppo, il buon Dio ha creato pure gli scrittori e gli imbecilli!

PERSONAGGIO IN NERO: E quanti ne nascono in ogni secolo!… Scriveranno tutti la stessa storia. Non la finiranno mai. Staranno lì, a riaccendere il tuo dolore. Se lo gusteranno sorso a sorso, come un liquore, almeno un milione di volte… Non butteranno via niente, come si fa col porco… Sai, per noi artisti il dolore è un mezzo troppo comodo per far quattrini, o per strappare un applauso… (dolcemente) Così, dopo che tirerai le cuoia, la gente leggerà un milione di descrizioni del tuo delitto… Sarà come un ripetersi eterno. Tu ed il tuo omicidio… praticamente la stessa cosa!… Penseranno che non ti sia accaduto nient’altro nella vita.

ANTONIO PIERO: Diranno che fui vittima degli inganni del mondo.

PERSONAGGIO IN NERO: Ovvia, degli inganni!… Di’ pure di due cretini… E tu più cretino ancora, che ci sei cascato.

ANTONIO PIERO: Luigi era un intrigante, non un cretino.

PERSONAGGIO IN NERO: Era un cretino… Tant’è che ha combinato tutti quei guai, per poi finire ammazzato dai fratelli di Aldonza… Lascia stare, credi a me!… Quando si distrugge senza prevedere gli effetti che ne verranno, si è cretini e basta!

ANTONIO PIERO: Anche mettendola così, in questa vicenda io non sono il più colpevole.

PERSONAGGIO IN NERO: Come no? Vuoi che ti facciamo l’applauso?… Barone mio, è pericoloso sottovalutare il cretino. Il cretino è più forte dell’uomo equilibrato… Il cretino è la massa!… Lo trovi dappertutto ed ha un ruolo centrale nelle svolte epocali… Il cretino è un fallito che non capisce di esserlo… E, quindi, non capisce neppure quando ha perso… Egli, il cretino, è invincibile!

ANTONIO PIERO (ironico, spazientito): Lo terrò in mente, quando mi toccherà vivere di nuovo.

PERSONAGGIO IN NERO: I cretini sono come Dio. Ne nascono in continuazione e sono tutti uguali… Perciò non muoiono mai… I cretini hanno la parola potente… molto più dei poeti!… Sollecitano le bassezze che ci sono in noi tutti: l’invidia, la malizia, l’egoismo cieco, il pregiudizio, soprattutto!… Come ti difendi?… Cola e Luigi ti gonfiarono di veleno. Per tutto il viaggio non pensasti ad altro… Il tuo orgoglio era stato fatto a pezzi dal tradimento coniugale, questo ti bruciava… Se Aldonza era innoccente o colpevole era un fatto secondario, a quel punto… Per cui, adesso… dànnati pure, vecchio scemo!… (indica la scena) Quei due, in barba al tuo delitto, ballano ancora insieme.

Gran ballo a cui partecipano tutti i personaggi, tranne Antonio Piero, che resta sconsolatamente seduto. Il personaggio in nero ridiventa il guitto e va al centro della scena.

GUITTO: Vi chiedo, signori, un minuto ancora, per dirvi come andò a finire l’altra storia… quella del cortigiano e della dama, a cui si accennava nel prologo e nell’intermezzo… Dopo un po’, ella sposò il giovane conte Cabrera ed il povero amante rimase fedele ai due coniugi… Anche quando, nei primi del Settecento, il re Filippo confiscò la contea di Modica, il cortigiano restò accanto a loro, nel silenzio e nella rinuncia… Tutti gli altri, amici e protettori, andarono via… Il bambino che il conte aveva battezzato era morto giovane, ucciso come una canaglia mentre struprava una villanella; il popolo ormai applaudiva altra gente, altre famiglie, altri signori… Non c’era più la ricchezza e l’orgoglio era finito… Per tutta la vita, però, il cortigiano fu al fianco dei suoi signori, anche dopo che il tempo aveva stemperato la passione… Questo perché, in quel Natale del mileseicentonovantanove, il suo rivale, il giovane conte Cabrera, pronunciò una frase importante… “E’ l’arte che ci consegna alla storia” disse il conte… Ed il cortigiano, nominato architetto della ricostruzione, non se la scordò più… Neppure il re Filippo potè mai cancellare quella frase dalla sua mente.

Ricomincia il ballo, a cui partecipa anche Antonio Piero.

FINE

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